Oratorio (8)

L’oratorio deve essere un ambiente tutto improntato a cordialità e amicizia: l’azione di autorità deve sempre cedere il passo alla persuasione e al consiglio amichevole. Occorre però guardarsi dal pericolo che la bontà venga scambiata per debolezza: in questo caso si arriverebbe, insieme alla perdita di rispetto e della disciplina, anche alla perdita di amicizia.

Quando qualche mamma viene a dirmi che non manderà il suo bambino in oratorio perché teme che incontri cattive compagnie, rispondo: “Signora, se lei ritiene di poterlo educare meglio di quanto i ragazzi vengono educati qui, Deo gratias! Perché un oratorio più bello della mamma non lo troverà mai nessuno! Vi sono, però, alcuni inconvenienti: bisogna che lei acquisti uno speciale astuccio e vi porti il suo bambino sempre con sé. Perché sennò, come farà a isolarlo dal resto del mondo? E se deve stare a contatto con il mondo, è meglio che faccia questo incontro in un ambiente come quello della Chiesa dove, per lo meno, vi sono sacerdoti, catechisti, persone sempre pronte a intervenire nel caso in cui si manifestino inconvenienti seri, gravi.”

Si tratta di persuadere tutti della fondamentale importanza del nostro apostolato. Troppo diffusa è infatti l’idea che si tratti quasi sempre di un’attività di second’ordine, a cui basti riservare i ritagli del proprio tempo e i residui della propria capacità e dobbiamo invece stabilire che si tratta di un apostolato da compiere a preferenza di ogni altro e al quale dobbiamo tutti noi stessi (…) E’ fuor di dubbio che ai nostri giorni il problema più urgente è quello di rimediare al male tremendo che affligge la nostra società: quello di intere masse prive di ogni formazione e istruzione religiosa. (…) …si arrivi a radicare in tutti la convinzione della preminenza del nostro apostolato. Esso è la premessa per il fiorire di tutte le altre opere.

Secondo me nessuna associazione dovrebbe precedere l’Oratorio: esse dovrebbero esserne i frutti. (…) L’Oratorio è il semenzaio, e senza semenzaio non si fa agricoltura.

Divertire i ragazzi, rendere allegro il più possibile l’ambiente dell’Oratorio: ecco la nostra divisa e quella, al tempo stesso, di ogni singolo catechista.

L’”edificio” del Centro Oratori Romani poggia su quattro pilastri: amor di Dio, amor del prossimo, devozione alla Madonna, sottomissione ai superiori ecclesiastici.

Amor di Dio. Chi lavorasse per fini naturali nell’Oratorio non troverebbe altro che inciampi e delusioni. La spiegazione di molti che non perseverano, dei contrasti interni, della tiepidezza nell’azione, derivano tutti dall’assenza di questo primo pilastro che è la coscienza di lavorare per amore di Dio e al servizio di Dio.

Amore del prossimo. Deve essere un amore di misericordia, vale a dire di compassione per la loro miseria spirituale: un fanciullo privo della grazia divina è uno degli spettacoli più tristi che si possono vedere nel mondo. L’oratorio è sorto per cancellare questa miseria.

Devozione alla Madonna. Niente al mondo si fa senza la Madonna: è da Lei che ci vengono tutte le grazie. Questo è tanto più vero per il Centro Oratori Romani, che riconosce nella Madonna la propria fondatrice; è tanto più vero per i catechisti del C.O.R. che sono a Lei consacrati e la riconoscono come padrona.

Sottomissione all’autorità ecclesiastica. Sono i vescovi, e per essi i sacerdoti, che hanno ricevuto da Dio il mandato di insegnare: il catechista lo esercita solo sotto la loro autorità e con il loro consenso…Lungi dall’essere un legame, è uno sprone e un titolo di gloria: è per esso che il catechista viene quasi a far parte della gerarchia ecclesiastica.

E’ nel gioco che il ragazzo si manifesta e mette in luce la propria natura: virtù e difetti. Ed è questo il momento in cui il catechista può intervenire per guidare e correggere, e in un modo ben altrimenti efficace di quello consentito nel corso di una lezione di catechismo (…) Il bravo catechista si conosce nel cortile!

Si tratta di persuadere tutti della fondamentale importanza del nostro apostolato. Troppo diffusa è infatti l’idea che si tratti quasi sempre di un’attività di second’ordine, a cui basti riservare i ritagli del proprio tempo e i residui della propria capacità e dobbiamo invece stabilire che si tratta di un apostolato da compiere a preferenza di ogni altro e al quale dobbiamo tutti noi stessi (…) E’ fuor di dubbio che ai nostri giorni il problema più urgente è quello di rimediare al male tremendo che affligge la nostra società: quello di intere masse prive di ogni formazione e istruzione religiosa. (…) …si arrivi a radicare in tutti la convinzione della preminenza del nostro apostolato. Esso è la premessa per il fiorire di tutte le altre opere. 

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